Caino, l’uomo che voleva uccidere l’Ideale

Caino, l’uomo che voleva uccidere l’Ideale

 

Il mito di Narciso svela la tendenza, profondamente distruttiva, dell’uomo a restare prigioniero dell’adorazione per il proprio Io. Respingendo l’alterità, Narciso finisce per perdere la propria vita, muore affogando nel tentativo di unificarsi con se stesso. La sua passione non conosce limiti; è accecata, furiosa, insaziabile. Per questa ragione, secondo la psicoanalisi, la violenza umana trova il suo fondamento proprio nel mito di Narciso. Prendiamo come riferimento la prima grande scena di violenza narrata dalla Bibbia nella Genesi, quella del gesto fratricida di Caino. Anche Caino come Narciso non è in grado di fare esperienza dell’alterità; egli viene sequestrato da sua madre che lo elegge a proprio “Uomo” al posto di Adamo. Si tratta di un sequestro incestuoso sul quale ha dedicato pagine insuperabili il biblista francese André Wenin in “Dalla violenza alla speranza” (Qiqajon, 2005): Caino appartiene alla madre, non ha vita propria, è catturato dallo specchio dello sguardo materno. Lui e sua madre riproducono la scena in cui Narciso si perde: la confusione dilaga tra i due perché non c’è presenza simbolica del Terzo, del principio della mediazione simbolica rappresentato dal padre. Come Edipo, anche Caino si trova perso nelle spirali di una simbiosi mortifera con sua madre. Egli odia l’alterità perché l’alterità rompe il legame incestuoso in cui è sprofondato. E’ su questo sfondo che si deve iscrivere il suo confronto mortale con Abele.

Per Lacan la violenza non scaturisce solo dalla privazione e dalla frustrazione provocata da una realtà sociale impietosa. Esiste una radice più profonda della violenza che precede, se si può dire così, ogni sua causalità sociologica. Si tratta della fascinazione del soggetto verso il proprio Ideale. La violenza umana non segnala mai –come invece sembra credere Wenin nel suo commento a Caino- una regressione al bestiale, il “prevalere dell’animale sull’essere dell’uomo”, ma la dipendenza dell’uomo dal suo narcisismo, dalla sua difficoltà di accogliere veramente l’alterità. Solo in questo modo possiamo intendere la cattura incestuosa di cui resta vittima Caino. La violenza umana sorge da una regressione allo specchio e non all’istintualità animale.

E’ una tesi che Lacan ha sviluppato attraverso il suo celebre “stadio dello specchio” che racconta il mito della nascita dell’Io. Il bambino che non ha ancora consapevolezza della sua individualità, tra i sei e diciotto mesi, osserva allo specchio l’immagine ideale di se stesso senza però poterla mai afferrare. Questa immagine gli appare tanto ideale quanto irraggiungibile. Mentre nella realtà egli si vive privo di coordinazione motoria, di parola, di autonomia, lo specchio gli restituisce una rappresentazione monumentale, statuaria, idealizzata di se stesso. L’immagine che lo specchio gli riflette aiuta il bambino a potersi riconoscere come un soggetto, ma solo a prezzo di uno sfasamento: nessun umano potrà mai coincidere con l’immagine ideale di se stesso che lo specchio mentre gli restituisce gli sottrae, in realtà, per sempre. La nostra vita non sarebbe allora altro che la rincorsa vana verso questa coincidenza impossibile da realizzare.

Narciso incarna questo dramma al suo colmo. E Caino? Perché non possiamo capire l’hybris che ispira il suo gesto atroce senza evocare lo spettro di Narciso? Caino vede in Abele l’immagine ideale di sé che egli vorrebbe essere ma non è. Abele è, al tempo stesso, un oggetto ideale e un rivale. Caino invidia Abele in quanto prediletto da Dio. Come Narciso egli non sopporta di non essere l’immagine che lo specchio gli ha sottratto. Ecco allora che colpisce Abele con la ferocia criminale che solo gli uomini, diversamente dagli animali, sanno mostrare. Tuttavia, colpendo il fratello –come gli ricorda il suo Dio- non fa altro che colpire se stesso. Abele, infatti, mostra a Caino tutta la sua insopportabile incompiutezza. Per questa ragione non solo esistono miti fratricidi all’origine delle grandi Civiltà (si pensi a quello di Romolo e Remo per l’antica Roma), ma si ricerca sempre in ogni dittatore e in ogni persecutore incallito la continuità inconscia che lo lega all’oggetto indistruttibile del suo odio.

Il gesto di Caino si può intendere solo attraverso la chiave di Narciso. La psicoanalisi definisce “proiezione” un processo psichico di difesa che consiste nel localizzare nello straniero e nel diverso quelle parti più oscure di noi stessi che non riusciamo ad integrare nella nostra personalità diurna. E’ l’ambivalenza radicale e inquietante che ci lega a doppio filo ai nostri nemici: lo xenofobo, il fascista, l’intollerante è il più prossimo a noi stessi, abita in noi stessi prima di incarnarsi nell’altro. Abele è l’intruso, il secondogenito, colui che è arrivato dopo, il figlio “aggiunto” che ha scombussolato l’identità incestuosa di Caino. La sua vita non è stata accolta con l’entusiasmo con il quale è stata accolta quella del fratello, ma la sua esistenza impedisce che Caino sia il primo e unico figlio. Il secondogenito –che nella Bibbia è sempre premiato rispetto al primo- impone a Caino, l’incestuoso, l’esperienza dell’alterità.

E’ la ragione ultima dell’odio geloso e mortale di Caino verso Abele: il fratello è il suo rivale giurato solo in quanto incarna il suo Ideale. Egli rifiuta di farsi suo “custode” perché è accecato dall’invidia: liberandosi di Abele, Caino coltiva l’illusione di distruggere chi lo deruba della propria immagine. In realtà scoprirà che il suo sangue ha lo stesso colore del sangue di suo fratello.

 

                                                                       Massimo Recalcati

 

Articolo pubblicato in “Repubblica”, domenica 24 gennaio 2016, p. 52

 

“Or Adamo conobbe Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: “Ho acquistato un uomo, con l’aiuto dell’Eterno”. Poi partorì ancora Abele, fratello di lui. E Abele fu pastore di pecore; e Caino lavoratore della terra. E avvenne, di lì a qualche tempo, che Caino fece un’offerta di frutti della terra all’Eterno; e Abele offerse anch’egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso. E L’Eterno guardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino e l’offerta sua. E Caino ne fu molto irritato, e il suo viso ne fu abbattuto. E l’Eterno disse a Caino: “Perché sei tu irritato? E perché hai il volto abbattuto? Se fai bene non rialzerai tu il volto? Ma, se fai male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri son volti a te; ma tu lo devi dominare!” E Caino disse ad Abele suo fratello: “Usciamo fuori ai campi!” E avvenne che, quando furono nei campi, Caino si levò contro Abele suo fratello, e l’uccise. E L’Eterno disse a Caino: “Dov’è Abele tuo fratello?” Ed egli rispose: “Non lo so; sono io forse il guardiano di mio fratello?” E l’Eterno disse: “Che hai tu fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. E ora tu sarai maledetto, condannato a errar lungi dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue del tuo fratello dalla tua mano. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti, e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra” (Genesi, 4, 1-12).