Chi finanzia il trasporto pubblico?

Chi paga il trasporto pubblico?

Per due settimane ho fatto un ciclo di cure fisiatriche nell’ospedale di Noale, nel territorio metropolitano di Venezia. Perciò prendevo l’autobus Mestre-Noale nella fascia oraria 9,30-12,30. Servizio efficiente, anche troppo, visto che il più delle volte si correva a rotta di collo, arrivando alle fermate anche con più di cinque minuti di anticipo. Vidimavano il biglietto pochissimi viaggiatori, italiani e anziani perlopiù. Molti viaggiatori, perlopiù extracomunitari, salivano, anche dalla porta centrale, parlavano al cellulare ma si guardavano bene dall’esibire abbonamento o biglietto. L’autista rimaneva imperturbabile. Non ho mai visto controllori. Ne ho concluso che il trasporto pubblico, nel Veneto e presumo in Italia, è pagato dalla fiscalità generale e –in piccola parte- dai pochi cittadini che civilmente si sottopongono al pedaggio (e sono due volte penalizzati, pagando le tasse e il biglietto). Ho interpellato un viaggiatore di colore: parlava un buon italiano e alla mia richiesta del perché non pagasse il biglietto ha risposto candidamente di non avere il denaro. Chi assiste ogni giorno a uno spettacolo del genere, oggettivamente e al di là delle sue intenzioni, è spinto a reazioni di rabbia indignata, xenofobe, se non razziste.

I dirigenti delle società del trasporto pubblico ci spiegano che la diminuzione delle corse, la contrazione del servizio sono dovute al rispetto dei vincoli del bilancio –sempre più in affanno-, ma poco o niente viene fatto affinché tutti rispettino la legge. Nei bus una miriade di avvisi intimano: il biglietto deve essere validato. Se c’è un obbligo lo si deve far rispettare; se lo si viola facilmente e impunemente, se addirittura lo si irride, le conseguenze sono doppiamente negative. I buoni cittadini si sentono presi in giro. Gli stranieri facilmente e docilmente si adeguano all’andazzo.

A Barcellona ho visto che tutti i viaggiatori, indistintamente, pagano il ticket: si è obbligati a salire sul mezzo solo dalla porta anteriore, l’autista è responsabile degli ingressi, tutti rispettano disciplinatamente la fila. E questo lo si nota in tutte le città europee. Se in Italia non si è capaci di imporre queste semplici scelte, o si rende responsabile l’autista del rispetto degli ingressi o si ripristina il bigliettaio o si assume radicalmente un’altra decisione: si dica che il trasporto pubblico è un servizio sociale, lo si renda gratuito e –magari- lo si finanzi con una tassa apposita. Sarebbe tutto più trasparente e meno pericoloso per la coscienza civica di tutti noi.

Gennaro  Cucciniello