Solo un Dio ci può salvare dal populismo

Solo un Dio ci può salvare dal populismo

I crocifissi, i rosari, la Madonna. I sovranisti agitano i simboli della fede, ma sono figli della secolarizzazione e del ’68. E se si sopprime la trascendenza dal dibattito pubblico, ritorna come nichilismo o radicalismo violento. Parla Olivier Roy, un grande studioso delle religioni.

 

Il settimanale “L’Espresso” pubblica, nel numero dell’8 settembre 2019, alle pp. 68-73, un colloquio tra il giornalista Gigi Riva e Olivier Roy, grande studioso delle religioni, autore del recentissimo saggio, “L’Europa è ancora cristiana?”, Feltrinelli editore.

 

Sorride, Olivier Roy, quando pensa a Matteo Salvini che bacia il crocifisso e si appella al cuore della Vergine Maria: “Fa del folclore cattolico, un’esibizione di segni religiosi totalmente disgiunti dai valori e dalle norme cristiane. Come aveva fatto folclore, peraltro, nella precedente propaganda paganeggiante della Lega Nord. La sua iconografia del resto ha un’impronta profondamente sessuale e contraria ai princìpi della Chiesa, visto che appare sempre al fianco di una bella bionda che non è sua moglie, possibilmente in costume da bagno”. Papeete, mojito, tanga e (finta) spiritualità. Ci conosce bene, il politologo e specialista delle religioni francese, 70 anni appena compiuti, perché da dieci anni è titolare della cattedra Mediterranea al Robert Schuman Centre for Advanced Studies dell’Istituto universitario europeo di Firenze. Matteo Salvini è un ottimo paradigma del suo nuovo libro “L’Europa è ancora cristiana?” (Feltrinelli, 166 pagine, 17 euro), dove il punto interrogativo è assolutamente pleonastico perché è chiara la sua conclusione, no, non lo è più ed è difficile, forse impossibile, che possa tornare ad esserlo nel futuro.

La secolarizzazione del Vecchio Continente sembra irreversibile, un processo di lunga durata che sarebbe ingiusto, per lo studioso, far risalire come spesso accade all’Illuminismo e al dualismo ragione contro fede: “I Lumi sono stati importanti, hanno cambiato il modello metafisico e ontologico perché hanno introdotto un nuovo schema su cui fondare la verità, e tuttavia non hanno cambiato il sistema morale. La laicità altro non era che cristianesimo secolarizzato, i valori e la visione antropologica della famiglia condivisi”. Tanto è vero che, per fare un esempio, i padri fondatori dell’Europa, Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer (citati proprio a inizio del volume) non hanno sentito il bisogno di sottolineare, scrivendolo, che le radici del nostro mondo sono cristiane. Sarebbe stato ridondante, la sottolineatura di un’evidenza, “e se oggi invece lo si vuole fare è esattamente perché non è più evidente”.

In mezzo c’è la grande frattura degli anni Sessanta, il vero periodo in cui tutto cambia secondo Roy: “E’ allora che si rifiuta l’organizzazione sociale come era concepita e si mette in discussione il ruolo della famiglia, della donna. Parte la rivoluzione sessuale. Una svolta così profonda da poter essere paragonata a quella della Riforma del XVI° secolo”. Nulla sarà più lo stesso, dal Sessantotto in poi la libertà della persona vince su tutte le norme trascendenti, non c’è più morale naturale condivisa, “e i nuovi valori fondati sull’individuo desiderante non sono più valori cristiani secolarizzati”. E’ l’edonismo che trionfa per usare, ante-litteram, un termine che sarebbe diventato in voga durante il reaganismo. Sarà la Chiesa cattolica la prima a rendersi conto del pericolo, già nel luglio dell’anno fatale con l’enciclica “Humanae vitae” di papa Paolo VI che “difende una posizione massimalista vietando tutte le pratiche sessuali non destinate alla procreazione. Non essendo più né comuni né compresi, i valori cristiani tornano sotto forma di norme esplicite”. Il Vaticano si arrocca sulla questione per lui fondamentale della difesa della vita, si oppone sistematicamente a contraccezione, aborto, matrimonio omosessuale, procreazione assistita. Eppure lo spirito del Sessantotto, uno spirito assai più invasivo di quello del comunismo, si aggira per l’Europa e guadagna proseliti sia nei paesi cattolici che in quelli protestanti. Sarà Giovanni Paolo II a riconoscerlo quando sosterrà che la cultura dominante in Europa è pagana. E Roy chiosa: “Il fatto è che poi gli stessi pagani si dicono cristiani”. Nei sondaggi, spiega, spesso si leggono risposte come queste. “Sei cristiano? Sì. Credi in Dio? No”.

Ecco, nella contraddizione, la cartina di tornasole dell’assunto per il quale i simboli religiosi assumono un valore puramente identitario. Come in Salvini, ovvio. Ma non solo. I populismi di oggi, sostiene il professor Le Roy, sono anch’essi figli del Sessantotto e della cultura libertaria, prova ne è il fatto che anche Parlamenti di destra, non solo in Italia, ma anche in Francia, in Spagna, dappertutto, hanno approvato leggi a favore dell’aborto, del matrimonio gay eccetera. Sventolare l’identità cristiana ha il solo obiettivo di respingere l’Islam. Un atteggiamento che data dalla fine degli anni ’80 quando in Francia si pone il problema dell’uso del velo e si inizia a individuare un nemico interno. E più o meno nello stesso periodo se ne evoca uno esterno con la candidatura della Turchia per l’ingresso nella UE (1987), “ed era, a quell’epoca, la Turchia kemalista e laica che aveva vietato l’uso del velo nelle aule universitarie”. Il grande malinteso è nel credere che i populisti siano a favore della religione “quando in realtà parlano dell’Europa cristiana come se fosse un codice per sottolineare che non sono musulmani”. E basterebbe ascoltare Marine Le Pen, altra figlia (inconsapevole?) del Sessantotto: “Ho detto ai nostri amici ebrei e cattolici che se per impedire il velo devono rinunciare ai loro simboli religiosi, lo facciano”. Frase che Roy così traduce: “Pur di lottare contro l’Islam si accentua la secolarizzazione”. Del resto, spiega, c’è meno distanza valoriale tra credenti cristiani e islamici che non tra credenti e secolarizzati.

Dunque l’identità cristiana, riassume con felice slogan, altro non è se non la caricatura del cristianesimo. “Una parte della Chiesa pensa: meglio una caricatura che niente”. E tuttavia questo è un calcolo errato: “La gente vota populista contro le élites, Bruxelles, l’Islam, non per il ritorno alla famiglia tradizionale”. Senza contare che non sarebbero nemmeno leggi ispirate più o meno a una morale cristiana a riportare in auge la religione perché “lo spirito non segue la legge, eventualmente la precede”. E qui chiama in causa l’Italia. “I tribunali hanno decretato che è legittima la presenza del crocifisso nelle scuole, come simbolo puramente culturale senza alcun intento di proselitismo. Lo Stato italiano ha vinto, ma i vescovi hanno delle buone ragioni di inquietudine per questa assimilazione della croce a una sorta di gadget culturale”. E tanto per fare un salto nel centro dell’Europa sottolinea: “Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, ha voluto ricordare al governo della Baviera che la croce non è un simbolo culturale ma un simbolo di fede, quando hanno deciso di imporre la sua presenza negli edifici pubblici”. Una posizione espressa per evitare quella folclorizzazione che per lo studioso francese ha toccato punte di ridicolo non solo con Salvini in Italia ma nel suo stesso paese d’origine: “A Béziers il sindaco Robert Ménard ha voluto che fosse allestito un presepe nel municipio e che fossero benedette le corride”.

Il folclore religioso produce cortocircuiti evidenti. Da una parte il bacio alle immagini della Madonna, dall’altro la caccia ai migranti, peraltro condannata con forza da papa Francesco. E più il populismo si aggrappa alle radici cristiane, più si svuotano le chiese. In Europa, con la sola eccezione della Polonia, i praticanti oscillano tra il 5 e il 10%. Fenomeno diffuso anche altrove. Negli Usa prima del new born christian George W. Bush e ora di Trump, i “senza religione” dichiarati sono pasasati dal 6 al 14% in dieci anni. Roy, specialista tra l’altro anche dell’Islam, fa notare che la secolarizzazione avanza anche nel mondo musulmano ed è molto netta in Iran, Turchia, Tunisia, “e nell’Egitto del presidente al-Sisi, altrimenti non ci si spiega come mai abbia deciso di iniziare una campagna di criminalizzazione dell’ateismo”.

Naturalmente ci sono gruppi che si sono organizzati per riaffermare la loro fede dopo che per loro si sono ristretti gli spazi nel comune sentire pubblico. Olivier Roy individua due tendenze. Quella delle organizzazioni ultraconservatrici e quella delle comunità carismatiche laiche. Cita Sant’Egidio, ma anche Comunione e Liberazione, i Focolarini, “tutte fondate sull’idea di testimoniare la fede vissuta”. Queste comunità, secondo lui, hanno due opzioni: “Alzare il ponte levatoio e vivere in monasteri spirituali aspettando che lo Spirito Santo ritorni sulla terra. Oppure seguire l’esempio di papa Francesco e puntare sulla riconquista spirituale. Siccome queste comunità fanno riferimento direttamente al papa e non ai vescovi, contribuiscono tuttavia anch’esse a “deterritorializzare” il cattolicesimo, un altro dei problemi della caduta del sentimento religioso”.

In ogni caso l’istituzione Chiesa ha parecchi problemi nel momento in cui si affida soltanto a parole d’ordine normative e non riesce più a incidere sulle questioni più attinenti alla fede. Roy si confessa molto colpito da un incontro avuto con padre Paolo Dall’Oglio due mesi prima che fosse rapito in Siria nel 2013. “Mi disse: noi religiosi non dobbiamo sembrare dei legislatori, ma dobbiamo sembrare dei profeti”. Vasto programma se l’identità religiosa oggi usa il problema del rapporto con l’Islam come “un albero che nasconde la foresta”. E se la Chiesa attraversa una crisi morale “della quale la pedofilia e la corruzione sono gli aspetti più visibili, tanto da averle fatto perdere la legittimità a incarnare un magistero spirituale”.

La conclusione, sconfortante, è che viviamo in una società in cui non esiste più alcun dibattito sui valori ma unicamente sulle norme. Ma l’essere umano non può fare a meno dei valori spirituali. E dunque: “Se si sopprime la trascendenza dal dibattito pubblico, questa rischia di uscire dalla porta e di rientrare dalla finestra sotto forme molto pericolose. Come il nichilismo o il radicalismo religioso violento”.

                   Olivier Roy                                    Gigi Riva