Filosofia, pensaci tu! Ritroviamo slancio e speranza.

Filosofia, pensaci tu!

Viviamo nella società del rancore. Ma come può l’Italia liberarsi dei sentimenti tristi e rimettere in moto i desideri? Dalla filosofia viene una ricetta per ritrovare slancio e speranza.

 

Nell’ Espresso del 25 agosto 2019, alle pp. 72-75, è pubblicata un’intervista di Sabina Minardi al direttore del Censis, Massimiliano Valerii, in occasione della stampa del saggio “La notte di un’epoca”. Il libro ricostruisce il naufragio delle grandi narrazioni entro le quali avevamo costruito –nei decenni passati- identità e benessere. E propone di affrontare il salto d’epoca contemporaneo con l’aiuto della filosofia.

                                                                  Gennaro  Cucciniello

 

Ernst Bloch, per affrontare la paura. Cartesio per riscoprire il desiderio. Hegel per ribadire che l’infinito è ancora, e sempre, nelle nostre mani. Biblioterapia sociale per tempi rancorosi e tristi. A prescriverla è Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis con studi di filosofia alle spalle e l’inclinazione a sintesi folgoranti: sua è, ad esempio, la definizione di “sovranismo psichico” con la quale fotografò, in occasione del 52° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, un’Italia sempre più impoverita e incattivita, preda di una paranoica caccia al capro espiatorio. A dimostrarlo dati e statistiche: come quel 75% di italiani convinto che gli immigrati facciano aumentare la criminalità o quel 63% che li ritiene un peso per il welfare. Tra famiglie con un potere d’acquisto sempre più limitato, emergenza lavoro e futuro incerto, l’espressione condensava efficacemente quel mix di rabbia e cattiveria di cui populismi e sovranismi politici voracemente si nutrono.

E’ “La notte di un’epoca”, titola il saggio di Valerii in uscita il 29 agosto 2019, edito da Ponte alle Grazie. I numeri servono a capire. Lo sforzo serio è proporre una cura.

“La società del rancore ha da una parte un fondamento concreto: il blocco dei processi di mobilità sociale, una novità nella nostra storia: dal dopoguerra in poi lo sviluppo contava su un meccanismo di progressione lineare”, spiega l’autore. “Ma dall’altra parte è determinata da fattori immateriali, come il naufragio delle tre grandi narrazioni post-ideologiche dominanti dal 1989 in poi: il sogno infranto di un’Europa unita; la globalizzazione, che invece di benefici e vantaggi ha generato sovranismi, guerre dei dazi e minoranze dimenticate e rimaste indietro; il mito tecnologico che al posto della democrazia ha fatto emergere gli oligopoli dei giganti della Rete, fake news e post verità. La conseguenza è una nuova antropologia dell’insicurezza: uno stato di “deflazione delle aspettative” che si impone come categoria dello spirito del tempo”.

Spaesamento. E un immaginario in frantumi, insomma: perché se non si può sognare non si può fare. “Il futuro non è più visto come una promessa ma come una minaccia”, insiste Valerii: “Nessuno crede in un domani migliore. L’immaginario collettivo ha perso l’energia vitale e la forza che aveva in passato, nell’Italia affluente che cresceva conquistando il benessere di massa. Sia chiaro: non siamo realmente alla canna del gas. Dal punto di vista del risparmio, ad esempio, è noto che l’accantonamento degli italiani rappresenta la quinta economia europea. A inquietare sono le prospettive. Pesa come un macigno l’incertezza sull’evoluzione delle cose, dal momento che la dinamica degli eventi si svolgerà dentro uno scenario non prevedibile, non più perimetrato dagli schemi noti del passato”.

Nella produzione saggistica dell’ultimo anno si affollano le ricette per una riscossa civica e per la riscoperta dell’Italia felix. Ma il prontuario d’intervento firmato Valerii, e destinato a un pubblico non specialistico, non suggerisce soluzioni politiche o giuridiche. Piuttosto guarda alla filosofia come via d’uscita: se la crisi che percorre la società italiana non è soltanto economica, ma è anche, e soprattutto, sociale e culturale, guardare alle lezioni dei pensatori può ossigenare l’aria ridotta, sempre più intossicata dai dibattiti su una crescita da “zero virgola”.

Davvero possiamo prenderla con filosofia? “Sì, si può. Anzi no, si deve”, assicura Valerii che addita tre pensatori, in particolare, “tre diavoli sognanti: Descartes, Hegel e Bloch, quest’ultimo specialmente va disseppellito dall’oblio e dai capricci della memoria perché più, e meglio di chiunque altro, ha saputo vedere il valore dell’immaginario umano nei movimenti di creazione della storia”. Bloch, non a caso, dice la sua in apertura: “Grande è la ricchezza di un’epoca in agonia”.

“Amo quella frase, tratta da “Eredità di questo tempo”, un saggio scritto nel 1935, per indagare le radici del consenso di massa al nazismo. Per Bloch non di solo pane vive l’uomo, soprattutto quando non ne ha. Quando la società, cioè, è più impaurita e in crisi, consuma più immaginari. Uno dei difetti della Sinistra è l’aver sottoalimentato la fantasia, non aver coltivato, nell’immaginario collettivo, la possibilità di un ritorno alla mobilità sociale, a politiche di uguaglianza, di promozione della scienza e della cultura. Dobbiamo ripartire proprio dalla fantasia”. E dalle parole: sempre più forte è l’esigenza di ricucire nei suoi significati più profondi un linguaggio logoro e sdrucito.

“Prendiamo la parola speranza. Ernst Bloch è il filosofo della speranza. La speranza spesso viene liquidata come un anelito romantico, invece no. Bloch la pone come fondamento ontologico dell’esistenza. Per lui la speranza è una funzione della razionalità che ti permette di oltrepassare il limite, di aprirti al cambiamento, scoprendo la forza di trasformazione dei sogni diurni, quelli cioè che facciamo da svegli, a occhi aperti, e l’azione emancipatrice dei desideri umani”. Aspirazioni e passioni che “sono tutte buone”, diceva Cartesio.

“Cartesio è conosciuto prevalentemente come il filosofo della razionalità”, nota Valerii: “In realtà, l’ultima sua opera data alle stampe si intitola “Le passioni dell’anima”, una rivalutazione del desiderio, appunto, in controtendenza rispetto ai filosofi precedenti, per i quali le passioni ottundono le menti, portano le persone sui sentieri sbagliati, penalizzano la parte più nobile che è la ragione. Cartesio, il filosofo della ragione per eccellenza, rilancia le passioni, come punto d’incontro tra l’anima e il corpo. Oggi abbiamo tutti un grande bisogno di ritrovarle”.

Infine, la terza figura che può accompagnarci per mano in questo presente, Hegel: “Il filosofo del salto d’epoca, che a 19 anni assiste all’assalto della Bastiglia e si entusiasma per la fine del vecchio mondo e l’inizio del nuovo. Rileggere oggi Hegel è utile perché ti fa sentire che l’infinito è nelle tue mani. Le passioni tristi, i miti volatili e fragili di oggi fanno dimenticare le grandi potenzialità che ciascuno di noi ha, sia come singolo che come parte di una comunità, sociale ed economica. La sua lezione è un’altra fondamentale suggestione da recuperare”.

Perché esattamente questo sta accadendo alla società italiana e all’intero Occidente: l’ingresso in un nuovo, imprevisto, tempo storico. “Non possiamo non vederne i segnali inequivocabili. Stanno succedendo cose che non erano mai accadute prima. Non si era mai verificata, ad esempio, un’integrazione così forte della potenza della tecnica nelle vite personali di ciascuno con livelli simili di pervasività. La celebrazione digitale dell’”io” è il trionfo dell’individualismo, e si muove in parallelo alla frantumazione dei palinsesti di senso collettivi”: da una parte, cioè, un individualismo esasperato dai social media, dall’altra lo sgretolamento dei grandi scenari. Tendenze globali. Anche se certe caratteristiche sono spiccatamente italiane. “La bomba demografica, ad esempio, ci riguarda più di altri Paesi: l’Italia vive da diversi anni un declino demografico. E mentre la popolazione diminuisce, le proiezioni ci dicono con assoluta certezza che, a causa del solo calo delle nascite registrate negli anni scorsi, le donne fertili già oggi sono numericamente di meno. Le stime mostrano che, nell’inverosimile ipotesi di immigrazione zero, l’Italia nel 2050 avrà 10 milioni e 300mila abitanti in meno. Se la gestione dei flussi migratori fosse davvero impostata considerando questi aspetti di declino demografico, le scelte dovrebbero essere completamente diverse. Ma la politica non ne tiene conto, nonostante questo sia proprio il tema del futuro. E gli sbarchi diventano così minacce all’identità nazionale, in un rigurgito di sovranismo e di impermeabilizzazione rispetto agli altri”.

E la questione ambientale, banco di prova delle politiche internazionali e istanza forte del mondo giovanile? “La politica non guarda ai giovani per un semplice fatto numerico: sono pochi, sono diminuiti del 17% negli ultimi 10 anni. E diventeranno ancora meno. Gli italiani tra i 18 e i 35 anni sono meno di 11 milioni su un corpo elettorale di poco superiore a 50 milioni. Una politica che insegue solo il consenso ha interesse a imporre temi come le pensioni anziché, ad esempio, quello del lavoro che non c’è. Il voto è un investimento sul futuro. Lo dico per pura provocazione, ma bisognerebbe dare pesi diversi al voto in base all’aspettativa di vita. Una riforma elettorale a pesi differenziati a seconda dell’età del votante riporterebbe al centro dell’attenzione sociale il futuro”.

 

                   Sabina Minardi                             Massimiliano Valerii