Italia: limiti e vizi della società civile e della classe politica

Italia: limiti e vizi della società civile e della classe politica

 

Gli italiani e i loro rappresentanti politici sul lettino dello psicanalista. Li troviamo nel nuovo saggio di Massimo Recalcati uscito per Feltrinelli, una raccolta sempre attualissima di pezzi scritti negli ultimi 15 anni per Repubblica e Stampa, che diventa una orazione civile. L’autore ha voluto chiamarla “A pugni chiusi”. “E’ il titolo di una canzone dei Corvi che amo molto. E poi è la postura dell’indignato”.

Lei è indignato?

Certo. Il nostro tempo ha perso il senso della Legge. Al massimo può parlare di regole. Ma non si può confondere il piano delle regole con quello della Legge.

E qual è, la Legge?

Che non si può avere tutto, essere tutto, sapere tutto, godere di tutto. La libertà non è una proprietà individuale, non è arbitrio, ma è un vincolo che ci mette in rapporto all’altro. Abbiamo smarrito questo senso.

A leggerla pare che siamo sempre tirati tra la ricerca del piacere e quella del godimento.

L’eccesso del godimento interrompe il tran tran del piacere. Non possiamo restare sulla sdraio al sole come il gatto sul termosifone. La nostra vita non si accontenta del piacere inteso come una virtù mediana, evitamento aristotelico degli eccessi. Gli umani cercano l’eccesso: nel male, come accade con la violenza o la guerra; o nel bene, come accade quando viviamo una esperienza d’amore.

Spinti dal desiderio?

Il desiderio è un modo per dare una forma generativa all’eccesso, in cui riusciamo a canalizzare il gaiser del godimento. Una delle manifestazioni più evidenti del disagio della civiltà contemporanea è la fatica di desiderare. Siamo sommersi dal godimento, dunque privi di desiderio.

La colpa di chi è?

Il nostro tempo segnala la decadenza degli Ideali. Ed è il tempo, come vide benissimo Pasolini, del dominio degli oggetti. Ne parlava anche Gaber in “Polli d’allevamento”: gli oggetti hanno preso il potere, diceva. Siamo dei polli che beccano compulsivamente, senza sosta, senza pace.

E perché questo beccare ci farebbe male?

Perché è un anti-pensiero. Siamo perennemente preoccupati di essere connessi agli oggetti più che al pensiero. Per poter pensare o desiderare devi essere sconnesso. Devi prendere la distanza dagli oggetti, devi essere in rapporto non tanto alla loro presenza, ma alla loro assenza.

Siamo molto occupati anche nella “religione del corpo”.

In Occidente la religione ha tradizionalmente affermato il primato dell’anima sul corpo. Diversamente, il nostro tempo divinizza il corpo. E’ il corpo feticcio, in gara, ortoressico, plasmato dalla chirurgia estetica, abbigliato alla moda, performante, salutista. Ma così siamo fortezze, chiuse all’altro.

Scrive che “la genitorialità non è un dato di natura”. Un messaggio al governo?

Sa perché nella Bibbia tutte le grandi matriarche sono sterili? Le matriarche possono generare solo grazie alla parola di Dio. Dunque, ci vuole qualcosa che non sia sangue, che non sia biologia. Ogni genitore è adottivo. Non si diventa madre perché si partorisce, ma perché ci si prende cura dell’inerme. Non si diventa padri depositando il proprio spermatozoo, ma perché si riconosce l’assoluta responsabilità che la nascita di un figlio comporta.

Per Salvini sono indispensabili un papà e una mamma.

Se un figlio è adottato nell’amore e nella responsabilità, una coppia omosessuale garantisce la stessa cura che può offrire una coppia eterosessuale. Madre e padre sono nomi di funzioni simboliche e non di entità naturali. Pensiamo davvero che basti essere eterosessuali per essere bravi genitori?

Scrive anche gustosi psicoritratti dei politici. Si parte da Grillo.

Ha incarnato il fantasma populista della purezza del popolo contro il marcio delle istituzioni. In Italia è stato uno dei maggiori responsabili del vento dell’antipolitica che ha fatto del disprezzo e della lotta contro le istituzioni il proprio bersaglio. Una vera sciagura. Oggi si fa pagare 300mila euro all’anno dai Cinque Stelle di Conte. In cambio di cosa?

L’odiatissimo (cito) Renzi?

Ha incarnato per una brevissima stagione la forza generativa del figlio. Ha sperperato il consenso perché incapace nel costruire alleanze e perché ha dovuto subire i colpi di una vecchia generazione ostile e figlicida. Politicamente l’errore più grave non fu quello del referendum costituzionale ma quello della riforma abortita della scuola.

Berlusconi.

E’ stato un gigante in un popolo di nani. Un visionario, un seduttore. Ma la sua forza carismatica è stata messa al servizio del proprio Io. Ha così piegato il senso della Legge alla volontà ipetrofica del proprio Ego. In questo senso esiste una continuità paradossale tra la sua antipolitica e quella di Grillo. Gli estremi si toccano sempre.

Meloni?

Diversamente dai suoi alleati di governo credo che abbia un pensiero delle istituzioni. Non vi trovo né la farsa berlusconiana né la retorica etnica salviniana. Piuttosto una certa fede che intende preservare il valore di certi ideali. Detto questo, credo anche che abbia una concezione autoritaria del potere e, se possibile, della democrazia.

Si è sempre detto uomo di sinistra. Schlein le piace?

Schlein mi pareva promettente. Devo dire che la rimpatriata dei vecchi frondisti mi ha davvero deluso. Chi l’avrebbe mai detto? E’ uno strabismo pericoloso: guardare avanti mentre si ripiega indietro.

Un consiglio a entrambe?

Meloni avrebbe potuto dare più prova di pluralismo, di mentalità democratica. Ma non lo ha fatto: ha voluto Fontana e La Russa presidenti di Camera e Senato, ha lottizzato come tutti la Rai. Avrebbe anche potuto nominare Bonaccini commissario per l’emergenza in Romagna. Per non parlare dell’idea delle tasse come “pizzo di Stato”. Tutte occasioni mancate per dimostrare di possedere davvero una mente democratica.

E a Schlein?

Ho una naturale simpatia per tutti i giovani quando sono animati come lei da autentico desiderio di cambiamento. Ma dovrebbe essere più decisa. Invece la nomina di un capogruppo con una posizione cosiddetta pacifista sulla guerra contro l’Ucraina è un grave sintomo di incertezza. La sua posizione è davvero complicata, perché il Pd è un partito diviso tra due anime inconciliabili –massimalisti e riformisti, come il vecchio Psi di 100 anni fa- che nei momenti topici vengono al pettine. Quanto potrà durare così?

 

L’intervista di Giulia Santerini a Massimo Recalcati è stata pubblicata nel “Venerdì di Repubblica” del 23 giugno 2023.