Vita scolastica. Psicopatologia della classe docente

Vita scolastica. Psicopatologia della classe docente.

 

Nel 1986 il professor Lino Palmeri, dopo dodici anni alla guida della Sperimentazione nell’Istituto “L. Stefanini” di Venezia-Mestre, decideva di andare in pensione. Affidando a me e ad altri tre docenti il coordinamento dell’esperienza mi mise a parte di alcuni suoi pensieri elaborati durante la sua intera vita scolastica. Gli avvenimenti che si susseguirono allo “Stefanini” negli anni dal 1986 al 1998 confermarono quelle sue analisi, pur inframmezzandole con dettagli oscillanti tra farsa e ironia, leggerezza scanzonata e sussiegosi proclami, convincendoci che l’insegnamento è un apprendistato faticoso e interessante, indolente e affascinante, in un paese triste dove tutti sono infelici e si lamentano. Del resto ognuno di noi potrebbe riconoscersi nelle mille sfaccettature di questa vivisezione minuziosa e farsi un esame di auto-coscienza. Ho deciso di pubblicare gli appunti del prof. Palmeri, anche perché penso che –trenta anni dopo- la situazione, nella scuola italiana, non sia molto cambiata.

                                                        Gennaro  Cucciniello

 

In questa esperienza decennale non sono mancati, tra coloro che hanno lavorato con me, docenti forniti di eccellente preparazione, sicurezza di intenti, chiarezza di idee, coerenza morale e intellettuale e –insieme- capacità di aderire concretamente alle singole circostanze, disponibili a dedicare il proprio tempo e le proprie energie –a pieno campo- molto al di là del dovuto, talvolta anche a prezzo di non lievi sacrifici. In molti altri ancora almeno talune di queste qualità erano tali che –a non voler bruciare il grano con il loglio- mi spingevano ad accettare atteggiamenti e comportamenti di per sé incoerenti con l’impostazione della scuola ma indissolubilmente intrecciati con quelle qualità.

Piccola classificazione incompleta (“natura non facit saltus”: le forme attenuate o miste costituiscono la maggior parte dei casi di normalità).

INTEGRATI. Docenti per lo più anziani (ma, sempre più spesso, anche giovanissimi) che non si discostano da ciò che si è sempre fatto, perché non vogliono correre il rischio di trovarsi scoperti. Non credono, in realtà, di poter riuscire ad ottenere –diversamente- risultati migliori. Se sono anziani, hanno pagato spesso di persona; se giovani, amano per lo più il quieto vivere.

NEOFITI. Per lo più giovani (peggio, però, se di mezza età), giunti da poco a conoscenza di una “nuova” metodologia o tecnica didattica o teoria docimologica o griglia di valutazione o nozione di campionatura statistica o moda culturale, vi credono fermamente e sono convinti che non vi sia null’altro di serio che conti sul piano dell’attività educativa, fuorché la loro nuova “competenza scientifica”. Sul loro terreno si muovono con tranquilla sicurezza, imponendo senza dubbi o esitazioni il loro lavoro, disposti -invece- a delegare ad altri tutto il resto, in cui “non sono competenti”.

SCETTICI. Non più giovani, hanno rafforzato –passando attraverso anni difficili- quella che è, in fondo, una caratteristica “naturale” della loro personalità. Ironici e individualisti, parlano piuttosto di rado in pubblico, sempre in modo tagliente, ma non altrettanto comprensibile, col sottinteso di rivolgersi alle sole persone intelligenti. A scuola si rivolgono ai pochi studenti che li seguono, difficilmente riconoscono gli altri.

PADRETERNI. Sicuri di sé, disprezzano in genere tutti gli altri (non sempre dandolo a vedere) e si disistimano per lo più anche fra di loro. Hanno buona fama come docenti, per la loro cultura, a volte autentica. Monopolizzano la classe, ottenendo buoni risultati con gli alunni più dotati, ma riuscendo a dare a tutti la consapevolezza (vera o falsa che sia) della loro superiorità sugli studenti delle altre classi. Allignano per lo più nei licei classici.

AVANGUARDISTI. All’opposto dei “neofiti”, questi sono i docenti che affermano di andare “oltre”…, qualunque sia il punto di riferimento al quale altri si rifaccia in ogni questione pedagogica, metodologica, didattica, scientifica, ecc. Si ritengono e talvolta sono “aggiornatissimi”: essi “sanno” che, mentre i colleghi si affannano a sperimentare qualcosa di nuovo, in qualche altro luogo del mondo ciò è già stato superato… Dimenticano spesso che non è la medesima cosa “andare oltre” ciò che si è già realizzato e dichiarare “superato” ciò da cui si è ancora rimasti lontano. Hanno qualche somiglianza con gli “scettici”, ma più apparente che reale: sono in genere più disponibili ai rapporti umani, più estrosi e comunicativi.

PRIME DONNE. Ne esistono anche esemplari maschi. Hanno a cuore soprattutto se stessi ed il loro successo personale. Spesso si prodigano come possono, a seconda delle loro capacità e della loro preparazione, con gli alunni, che però, solo in modo subordinato, sono il fine della loro instancabile attività, rivolta in realtà a dare al docente stesso la soddisfazione di potersi considerare e proporre come esempio di vero educatore.

OLTRANZISTI. Non sono contenti se non esasperano qualunque questione o situazione, rendendo così impossibile ogni via d’uscita, e ritenendo di essere i soli a non cedere ai compromessi. Non hanno imparato da Francesco Bacone a distinguere “opportunità” e “opportunismo”.

APOCALITTICI. Assillati da crisi non superate, pieni di complessi, usano l’aula scolastica come cassa di risonanza dei loro patemi d’animo, scaricando sugli alunni –specie gli adolescenti d’ambo i sessi- le loro difficoltà esistenziali e sessuali non risolte. Sostanzialmente immaturi, sono estremamente pericolosi, specie se preparati professionalmente, perché –scambiando atteggiamento critico e problematico con crisi esistenziale- non sono contenti finché non riescono a portare alla disperazione gli alunni più sensibili e intelligenti, ritenendo di poterli elevare, solo in tal modo, al di sopra della “banalità media”.

REPRESSI. Tanto numerosi, purtroppo, fra i docenti (come in ogni altra categoria professionale) che si deve ritenere fortunato il caso in cui non se ne trovi nessun esemplare in un Consiglio di classe o in una Commissione esaminatrice. Pericolosi, soprattutto se anche ignoranti e presuntuosi, scaricano le loro inibizioni, frustrazioni, paure e le trasformano in aggressività, intolleranza, assillante scrupolosità formalistico-burocratica. Quando capitano è quasi impossibile salvarsene.

GREGARI. Sindacalisti, politici militanti o parrocchiani (qualunque sia la loro preparazione culturale e il loro impegno professionale), perdono a volte quella che usualmente si ritiene indipendenza di giudizio quando si tratta di tradurre sul piano dei concreti problemi scolastici gli orientamenti della “parte” a cui aderiscono. La loro coerenza è d’un genere del tutto particolare, anche se oggi non poco diffusa: non concerne tanto, infatti, il rapporto fra presente e passato all’interno della loro esperienza personale, quanto la corrispondenza fra i loro comportamenti e le direttive delle istituzioni in cui militano.

FANNULLONI. Alla lettera, coloro che riescono, con straordinaria abilità e perizia, a non fare assolutamente nulla, sia che vadano in classe per “far lezione” agli studenti, sia che si muovano nella scuola per collaborare coi presidi. Magri e vagamente melanconici, grassi ed ilari, sono dotati di un eccezionale fiuto per evitare impegni di qualunque tipo e di incredibili risorse per lasciar passare le ore. In genere sono ben tollerati da tutti perché non procurano direttamente lavoro a nessuno, né agli alunni né ai colleghi. Possono diventare oggetto di protesta solo talvolta, di fronte alle scadenze obbligate della vita scolastica.

INCANTATORI. Attivissimi, parlatori instancabili, misticamente convinti di essere loro soli nel vero, vedono dovunque complotti alle loro spalle, ritengono di dover affrontare sempre tutti i problemi in una volta e di avere la soluzione per ogni cosa. Amano la grandeur, non si piegano mai di fronte all’evidenza dei fatti e ricostruiscono la realtà nella loro immaginazione, presentandola per vera. E’ difficilissimo discutere con loro, perché non te ne lasciano il tempo e ti trasmettono il loro affanno.

ENCICLOPEDICI. Versatili, inclini ad un certo signorile esibizionismo, buoni conversatori, ascoltano volentieri solo se stessi. Si compiacciono spesso di una certa capacità di mediazione, solo però quando la questione non tocca il loro punto di vista, nel qual caso si irrigidiscono e non indulgono a “compromessi”. Ben accetti, in genere, alle loro classi, possono diventare pericolosi come commissari d’esame. Essi si vantano di saper intervenire su qualunque disciplina e accettano di buon grado di sostituirsi ad eventuali membri aggregati. Intransigenti col candidato, quando manca di precisione nella disciplina in cui essi sono direttamente competenti, non si peritano di parlare con analoga imprecisa genericità sugli altri argomenti, lasciando talora interdetti gli stessi candidati.

COMPAGNONI. Spiritosi, umoristi, apparentemente cordiali: il loro comportamento è, talvolta, così esasperatamente uniforme da riuscire, a lungo andare, non facilmente sopportabile. E’ spesso un atteggiamento inconscio di difesa, che può accompagnarsi -con estrema esigenza di tipo ossessivo- sul piano delle prestazioni culturali degli studenti. Riescono accettabili, quando alla loro preparazione si accompagna una sincera umanità.

FILANTROPI. Ritengono di essere i soli a rispettare la personalità degli alunni e ad aiutarli, sottovalutando l’importanza dell’impegno ordinato e produttivo e assecondando ogni inclinazione e richiesta che vengano dalla classe. Il loro motto è “non bocciare”, il successo fra gli alunni quasi sempre assicurato, i risultati condizionati dalle altre qualità che bilanciano questa loro “malattia”.

ARTISTI. Possono essere insegnanti d’arte come di scienze o di lettere; commisurati alla normalità del comportamento docente sarebbero inaccettabili. Sono o credono di essere incapaci (e talora se ne vantano) di svolgere alcune ordinarie operazioni e alcuni compiti noiosi che vengono richiesti a tutti i loro colleghi. Se vuoi avere la loro collaborazione, la passione, l’entusiasmo, l’impegno originale e creativo che possono darti, devi accettare (anche in questo caso) la loro “malattia”.

DONCHISCIOTTE. Si considerano, in genere, poco capaci e abili, ma finiscono con l’impegnarsi in cose più grandi di loro, nelle quali tuttavia si prodigano. Apparentemente ottimisti di fronte alle difficoltà in cui si trovano ad operare, sono al fondo piuttosto pessimisti: non è, infatti, la passione o la fede che li sostiene, ma una sorta di coerenza con se stessi. Sono piuttosto deboli, ma cercano di assolvere un carico notevole di impegni, che però li assilla, mentre altri riuscirebbe a svolgerli con maggiore facilità. La loro vita attiva contraddice, infatti, le loro aspirazioni contemplative. Hanno una notevole ingenuità, la quale talvolta costituisce una inattesa risorsa, venendo facilmente scambiata per premeditata furberia. Non avendo ambizioni, infatti, lasciano interdetti gli altri che non si spiegano tanto affanno.

SFINGI e/o MEDUSE. Sono caratterizzati innanzi tutto dall’egocentrismo e dal disprezzo degli altri. Hanno un sistema di comunicazione estremamente ridotto, solitamente precluso senza motivi espliciti. Nel contesto generale svolgono la loro attività a livello sotterraneo ed operano attraverso segnali irrazionali nell’ambito della classe, con l’obiettivo implicito di frantumarla, abbattere ogni resistenza intellettuale o psicologica nelle singole persone, intimidire imponendo la propria autorità come indiscutibile, contrapporre persone da disprezzare ed esporre al ludibrio e persone da coinvolgere, in un rapporto di dipendenza, nella propria autoesaltazione. Come persone, fanno pena; come insegnanti, fanno rabbia per il clima che instaurano ovunque siano e per il male, a volte profondo, che provocano negli alunni.

MASCHERE di BELZEBU’. Forniti di preparazione, intelligenza, abilità dialettica superiori alla media, ricchi di ambizioni insoddisfatte e desiderosi di mettersi in mostra, incapaci di un progetto costruttivo, sanno adattarsi assai bene al variare delle situazioni, sfruttandole senza scrupoli, orientando appena possibile le loro abilità in direzione distruttiva e riuscendo a rivestire con una paludata parvenza di dignità culturale le prese di posizione –proprie ed altrui- più inconsistenti e meschine. Ostentano disprezzo per il piano didattico, non hanno interesse per un’azione formativa né attitudine per l’insegnamento: per la scuola (colleghi-alunni-genitori) sono una calamità. Ma questo, in fondo, è il nutrimento che li soddisfa e paradossalmente rende loro possibile catalizzare intorno a sé gli elementi meno equilibrati, o psicologicamente più deboli o semplicemente i “mediocri-ambiziosi”.

Linus