Dieci personaggi per la nazione Italia

Dieci personaggi per la nazione Italia

Storia mondiale dell’Italia”: Pulcinella e la Bella addormentata, Casanova e la Montessori, una galleria di protagonisti tra fantasia e realtà, per definire i caratteri tipici degli italiani e la loro immagine nel mondo. Tra eroismo, falsi miti e stereotipi.

Poche nazioni hanno influito sulla cultura mondiale come l’Italia. Paese aperto per eccellenza (non solo per la sua posizione), prosperò con le industrie e i commerci, soffrì quando si chiuse nell’autarchia. Ha esportato non solo prodotti, ma anche idee e stili di vita. Innovazioni? Più in passato. Oggi qualche eccellenza resiste, ma il genio di Leonardo annaspa, scolorito nella mediocrità dei tuttofare. E la poesia e il coraggio di Dante sembrano brancolare nel latinorum dei Don Abbondio. Chissà come la vedrebbero, i grandi del passato, questa figura bella e trascurata, chissà con quali versi ne disegnerebbero il carattere.

Ma poi esisterà mai il carattere di un popolo? E quali figure, reali o di fantasia, potrebbero incarnarlo? Il borghese piccolo piccolo di Vincenzo Cerami e di Alberto Sordi, o l’onorevole Antonio La Trippa di Totò? Certo, bisogna stare attenti agli stereotipi. A rappresentare l’Italia e gli italiani, la loro immagine nel mondo, abbiamo chiamato a raccolta dieci personaggi. Quattro inventati, maschere nate nel Belpaese, da Pinocchio a Pulcinella, da Don Abbondio alla Bella addormentata: favole, dell’Italia di oggi. Sei reali. Quali eroi universali dell’italianità, Casanova, Garibaldi e Montessori. Oppure anti-eroi, negazione (apparente) del carattere nazionale: Giordano Bruno, Leopardi, Donna Eleonora Pimentel Fonseca. Perché gli stereotipi è bello anche romperli. Ma quanti altri se ne potrebbero aggiungere, via, proviamoci.

Emanuele Felice

Pinocchio. 

Preferisce i trastulli del Paese dei balocchi alla fatica di studiare; si ritroverà somaro, a lavorare come uno schiavo. Seppellirà le sue monete nel Campo dei Miracoli, finirà derubato. Proprio come il burattino, anche l’Italia non riesce a diventare adulta: in declino ormai da più di una generazione, con la percentuale di laureati più bassa di tutto il mondo avanzato, dovrebbe investire nella scuola e nella ricerca, invece di inseguire chi agita il miraggio dei condoni, chi le sussurra “non pagare le tasse”, proprio a lei incatenata a un mostruoso debito pubblico. Fossero solo le bugie, quello è il meno. In perfetta buona fede, Pinocchio si consegna a chi promette miracoli, agli eterni “omini di burro”.

Pulcinella.

Indaffarato e nullafacente, riesce sempre a tirarsi fuori dai guai, magari con un sorriso. E di guai ne ha parecchi, soprattutto per colpa dei potenti. Lui li irride. Col passare degli anni la sua maschera si fa più critica e beffarda, un ribelle quasi. Autentica vox populi, censore dei vizi pubblici come di chi ostenta virtù, soprattutto sa farsi gioco delle regole e dei cavilli, costruiti sempre per vessare i più deboli. Eppure non riesce a prospettare una vera alternativa che non sia la salvezza personale. Chi è in fondo Pulcinella? Mezzo stupido e mezzo furbo: un saggio satiro o solo uno sciocco.

Don Abbondio.

Già Ponzio Pilato, a dirla tutta, era italiano (abruzzese forse). Ma quello almeno era un personaggio di spessore, che pondera e si interroga, non per nulla un prefetto di Roma. Altri tempi. L’Italia non è più capitale ma è provincia, in declino per giunta. Al di là delle apparenze Don Abbondio non ha cultura (Carneade! Chi era costui?) e il suo titubare, più che ai dubbi del saggio, assomiglia alla fifa del coniglio. Egoismo spicciolo: i tempi sono cupi e i vasi di coccio, pur di sopravvivere, abdicano ai loro doveri. E senza troppi patemi. Ecco perché i tempi si fanno ancora più bui.

La Bella addormentata.

Resa celebre da Perrault, la prima versione in fiaba di questo antichissimo tema è in realtà italiana: da “Li cunto de li cunti”, il capolavoro in lingua napoletana del Seicento di Giambattista Basile. Lì però il principe non sveglia la principessa con un bacio. Ma la violenta nel sonno, fino a metterla incinta. E poi se ne va, ritornerà solo dopo anni. Insomma, l’agognato eroe è in realtà uno stupratore (peraltro già sposato). Non proprio un tipo raccomandabile. Eppure nella storia d’Italia, nella realtà, il nostro Belpaese sarà proprio a un tale personaggio che sceglierà di dare il cuore. Più e più volte: sedotta da un avventuriero.

Giacomo Casanova.

Affascinante, certo, ma non solo per quel che di lui è ben noto. Casanova incarna un modello di genio italico tuttofare, edotto di molte scienze e appassionato di ogni arte, ma in nulla veramente preparato. Mediocre nella sostanza, deve far leva sull’estro e sul carisma per sbarcare il lunario. Ma tanto erano brillanti le sue avventure amorose, quanto noiosi e pedanti i suoi scritti matematici o letterari. Tanto appariva libertino e non convenzionale nella vita privata, quanto conservatore nelle opinioni politiche. Gira l’Europa in cerca di un protettore, ma con scarsa fortuna. Morirà solo e amareggiato, lontano dall’Italia, ostile alla rivoluzione francese che scardinava il suo mondo.

Giuseppe Garibaldi.

L’eroe italiano per eccellenza. Celebrato in Europa come in America, molto amato dagli inglesi che contribuirono più di altri a crearne il mito (ammaliati, ma mossi anche da interessi economici e geopolitici). A ogni modo, Garibaldi eroe lo era davvero. Quanto italiano? Anticlericale viscerale, pronto a sacrificarsi per la causa dei popoli oppressi, dopo l’impresa dei Mille divenne un mito per rivoluzionari di ogni luogo, compreso l’anarchico Bakunin. Eppure non disdegnava i compromessi: presa Napoli, anziché farne repubblica la consegnò ai Savoia. Poi cercò di liberare Roma dal potere papale, ma fu fermato e ferito dai bersaglieri italiani.

Maria Montessori.

Il suo metodo ha cambiato il modo di insegnare: rendendolo più creativo e meno autoritario, antinozionistico. Incarnazione della “maestra buona”, se vogliamo, ebbe una vita sofferta e controcorrente: un figlio tenuto nascosto, ma molto amato, che poté prendere con sé solo dopo quattordici anni. Proprio lei, aveva rinunciato a educare il suo bambino. Si pentirà e rimedierà dedicandosi ancora di più alla sua missione. Esule dal fascismo, fu intellettuale globale, attivista per la pace e i diritti. Oggi nel mondo si contano ventimila scuole montessoriane. Le hanno frequentate Anna Frank e Gabriel Garcìa Marquez, ma pure i fondatori di Amazon, Google e Wikipedia.

Giordano Bruno.

La sua figura si staglia come quella di un gigante. E di un martire. Osò immaginare che esistessero nell’universo mondi innumerevoli, oltre al nostro, che la Terra fosse solo un punto nello spazio. Non volle ritrattare: pagò con la vita. Fu l’ultimo sconfitto di quell’aspra battaglia che infiammò l’Europa fra il Cinque e il Seicento, dalla quale sorgerà il mondo nuovo. Galileo ne trarrà insegnamento e, se abiurava davanti alla Chiesa cattolica, pubblicava nell’Olanda protestante. Su quelle spalle, spalle di giganti, di lì a poco si solleverà Newton. Sì, vinceranno i moderni, ma solo nell’Europa del Nord. Con il rogo di Bruno la fiaccola del progresso abbandona l’Italia.

Eleonora de Fonseca.

Scrittrice e rivoluzionaria, potremmo accostarla alla francese Olympe de Gouges o all’inglese Mary Wollstonecraft, sue contemporanee, iniziatrici mondiali dei movimenti di emancipazione femminile. “Donna Eleonora” fu figura centrale della sfortunata Repubblica napoletana (1799). Benché di origini nobiliari, si differenziò da altri giacobini per l’empatia verso gli umili: alla guida del Monitore napoletano paventò i rischi di un governo di intellettuali lontano dal popolo; scrisse l’Inno alla libertà, rinunciò al “de” aristocratico del cognome, ma denunciò i soprusi dell’esercito napoleonico. Tornati al potere i Borbone, fu giustiziata (impiccata) assieme agli altri leader repubblicani.

Giacomo Leopardi.

Qui passo gli anni, abbandonato, occulto / senz’amor, senza vita; ed aspro a forza / tra lo stuol de’ malevoli divengo”. Così nelle Ricordanze Leopardi descrive la provincia italiana, in cui era nato e cresciuto. Da lì il poeta leverà un canto originalissimo, anticipando temi centrali nel pensiero filosofico e letterario di tutto l’Occidente: la critica al mito del progresso, alle illusioni della patria o della religione, l’infelicità come condizione ineludibile dell’uomo, eppure, nonostante tutto, la ricerca di un significato all’esistenza. Da trovare nella solidarietà umana.

Nella lunga e ricchissima storia d’Italia questa galleria può arricchirsi tantissimo. C’è solo l’imbarazzo della scelta e della categorizzazione.