Cheope. Egitto. L’ultimo mistero della sua piramide

Cheope. L’ultimo mistero della sua piramide.

Da Erodoto alle folli teorie sugli alieni, alle conoscenze astronomiche, è il simbolo della grande civiltà del Nilo. Scoperta una stanza  segreta nella settima meraviglia del mondo antico.

 

Il quotidiano “La Repubblica” ospita, nell’edizione di venerdì 3 novembre 2017, alle pp. 42-43, un articolo del grande archeologo italiano Paolo Matthiae che ci informa sulle più recenti indagini sulla più grande piramide di Giza. Una camera segreta appena scoperta nel ventre del monumento, lunga almeno 30 metri, senza sbocchi. La sua funzione resta un mistero, così come l’eventuale contenuto. A rivelare la presenza della nuova stanza, custodita per 4500 anni, sono stati i raggi cosmici, che al contatto con l’atmosfera si disintegrano e formano i muoni. Queste particelle elementari sottopongono costantemente la Terra a una sorta di radiografia naturale. Dal cielo, sul palmo di una mano, ne piove circa una al secondo. Se costretti ad attraversare strati molto densi di materia –come, ad esempio, la struttura di una piramide- i muoni perdono energia. Se invece incontrano uno spazio vuoto –una stanza, appunto- proseguono indisturbati. I fisici, gli ingegneri e gli archeologi delle università del Cairo, Nagoya (Giappone) e Parigi, che si sono riuniti nel Progetto ScanPyramids e che per due anni hanno studiato la piramide di Cheope, si sono basati su questo principio per effettuare la radiografia del monumento. Le ricerche continuano.

                                                                  Gennaro  Cucciniello

 

Unica delle sette meraviglie del mondo antico ad essere ancora conservata, la Grande Piramide di Giza, eretta da Cheope, il secondo faraone della IV dinastia d’Egitto, da quando fu costruita, nel XXVI° secolo a.C., non ha mai cessato di stupire il mondo fino ai nostri giorni. Non solo per i dotti ellenistici del III secolo a.C., se ancora nel X secolo per l’arabo al-Mas’udi i monumenti più insigni dell’antichità erano la piramide di Giza, il Tempio di Salomone e il Tempio di Zeus ad Antiochia. Erodoto nel V sec. a.C., non esitò ad affermare che Cheope fu uno spietato tiranno, che chiuse tutti i santuari del Paese, proibì i sacrifici agli dèi, impose alla figlia di prostituirsi e obbligò centomila sudditi a lavorare per venti anni per costruire la sua piramide. Manetone, un sacerdote egiziano degli inizi del III sec. a.C., che leggeva senza difficoltà il geroglifico e lo ieratico e assai poca stima aveva del grande storico greco per quel che aveva scritto sull’Egitto, nella sua opera dedicata al secondo dei Tolomei per informarlo correttamente sull’antichissima civiltà del suo paese, segnalò che Cheope aveva regnato ventitré anni e non cinquanta come riteneva Erodoto.

La stupefacente perfezione della piramide di Cheope, seconda a riprodurre questa forma geometrica dopo quella di suo padre Snofru, che in due altri tentativi mal riusciti, a Meydum e a Dahshur, impegnò i suoi architetti prima della terza realizzazione finalmente soddisfacente, ha indotto di recente eccessivamente fantasiosi pseudo-ricercatori a sostenere che solo extraterrestri possono aver costruito un’opera così straordinaria. Gli studi degli ultimi trent’anni sulla piramide di Cheope, alta 146,59 metri con i lati lunghi 230,33 metri e un’inclinazione di 51°50 gradi, hanno permesso di accertare una serie di dati certo sconcertanti sulle capacità degli architetti, sulle conoscenze degli astronomi, sulle procedure delle maestranze impiegate dal grande faraone. Per non fare che alcuni esempi: i blocchi di calcare usati sono circa 2.300.000 e il peso medio di ciascun blocco è di circa 25 tonnellate; le lastre di granito utilizzate per la copertura delle camere funerarie hanno un peso tra 50 e 80 tonnellate; la superficie di roccia su cui la colossale fabbrica fu impiantata fu livellata con irregolarità minime che non supererebbero i due centimetri; la differenza di lunghezza dei quattro lati tra loro è inferiore ai cinque centimetri.

L’allineamento delle tre piramidi di Giza, di Cheope, Chefren e Micerino, è non meno stupefacente: gli angoli sud-est delle basi sono esattamente su una linea retta; questa linea retta passa esattamente al centro della terza delle tre piramidi satelliti della Piramide di Cheope e della prima delle tre satelliti della piramide di suo nipote Micerino; le tombe a mastaba che circondano su tre lati la piramide di Cheope, allestite per i maggiori dignitari del regno, sono perfettamente allineate, parallelamente o ortogonalmente, ai lati ovest, est e sud della base. Queste disposizioni accuratissime dei sepolcri dei tre maggiori faraoni della IV dinastia hanno fatto supporre, con qualche verosimiglianza, che dipendessero da una proiezione sul terreno di alcune delle stelle della costellazione di Orione, che gli egizi consideravano un simbolo di Osiride, il dio dell’Oltretomba. L’interno della gigantesca massa di muratura della Grande Piramide, violata già nell’antichità, è percorso da un corridoio discendente che conduce direttamente a una camera sotterranea, ma anche, con un duplice cambio di direzione, a due altre camere, note come Camera del re, quella superiore, e Camera della regina, quella inferiore. A lungo si è ritenuto che la Camera sotterranea fosse l’originario vano che doveva ospitare i resti di Cheope e che le altre due riflettessero due successive destinazioni decise in corso d’opera, ma oggi la tesi prevalente è che il progetto fin dall’inizio prevedesse i tre vani e che fin dall’inizio il vano superiore fosse previsto per il re.

Le indagini all’interno della Grande Piramide ad opera soprattutto di studiosi e di equipe tedesche, francesi e giapponesi, con le tecniche più sofisticate, dagli anni Ottanta del secolo scorso, si sono succedute quasi ininterrottamente fino ad oggi con l’ultima scoperta: un vano di trenta metri che nasconde l’ultimo mistero in ordine di tempo. Molte sono senza dubbio le questioni aperte riguardo alle tre camere interne finora note, per problemi sia costruttivi che funzionali, particolarmente per quel che concerne le due inferiori, di cui non è chiara la destinazione. Né può essere esclusa l’esistenza, finora neppure ipotizzata, di altri corridoi, che, se provata, renderebbe ancora più complessa la questione della funzione.

Ogni nuova indagine condotta con tecniche d’avanguardia su un monumento di così eccezionale singolarità e significato come la Grande Piramide di Giza non può che essere accolta con favore. Tanto più in quanto, per la moderna storiografia, finalmente, la Piramide di Cheope non è più il luogo di un grande mistero e di un insolubile enigma, ma la più straordinaria testimonianza finale di un complesso processo storico che portò alla creazione di un grande regno unitario. Lunghi secoli di sviluppi dai regni proto-dinastici dell’Alto e del Basso Egitto, ormai rivelati dalle più recenti esplorazioni archeologiche, condussero intorno al 3000 a.C. all’unificazione di tutta la valle del Nilo, che poi con le dinastie thinite e menfite si risolse nella realtà rivoluzionaria del più antico e vasto Stato territoriale della storia dell’umanità.

 

                                                        Paolo  Matthiae